Se lo Stato laico è diventato possibile per decreto divino

Flavio Felice

“Avvenire”, 9 giugno 2017

«Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio […] Cesare non è il Signore. Il cristiano è anti-idolatrico: lo Stato non è assoluto, non è sacro […] In breve desacralizzando il potere politico, disincanta la natura».

Con queste parole Dario Antiseri introduce il secondo capitolo della seconda parte del libro che presentiamo. Il volume è articolato in tre parti e ciascuna delle quali risponde ad una serie di domande che presentano un comune filo conduttore: il liberale, lungi dall’idea che lo Stato debba estinguersi, chiede che esso sia “forte” nella difesa del rule of law e non “affaccendato” nelle questioni che riguardano la vita delle persone.

Nella prima parte: Antiseri pone la lente d’ingrandimento su alcune idee che esprimono la base di una società libera: a pensare e ad agire sono soltanto gli individui; la nostra conoscenza resta sempre fallibile; la conoscenza è dispersa tra milioni di uomini; la concorrenza esprime il miglior dispositivo per la scoperta del nuovo, da cui possiamo scegliere il meglio e, infine, il ruolo dell’imprenditore quale artefice di pubblico benessere e dell’impresa come espressione istituzionale della “cultura del dono”

Nela seconda parte l’Autore tenta di rispondere a quattro interrogativi: è vero che la tensione tra la scienza e la salvezza religiosa è insanabile? Dovremmo credere che la secolarizzazione ci impone di vivere in un mondo dove non c’è alcun posto per la domanda religiosa? È sensata l’affermazione che l’essere cristiano è incompatibile con la laicità dello Stato? E, infine, sarebbe mai stato possibile lo Stato laico senza il messaggio cristiano? Per rispondere a queste domande, l’Autore presenta l’opera di alcuni dei principali interpreti della tradizione del cattolicesimo liberale: Tocqueville, Bastiat, Lord Acton, Rosmini, Sturzo e Einaudi.

Nella terza ed ultima parte, Antiseri tenta di rispondere alla seguente domanda: in uno stato di diritto, in una società libera, è giusto che solo le famiglie che se lo possono permettere possano scegliere la scuola che reputano migliore per i loro figli?

Data la vastità degli argomenti, vorrei soffermarmi su un singolo aspetto del volume che, tuttavia, credo offra la chiave interpretativa per cogliere l’angolo prospettico scelto dal nostro autore, dal quale discendono una serie di considerazioni di ordine filosofico, storico, politico ed economico.

Mi riferisco al tema della desacralizzazione del potere. Quello che emerge dalla lettura è la consapevolezza del carattere rivoluzionario di cui è portatore il messaggio cristiano nel campo delle idee politiche. La lapidaria sentenza di Gesù: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” rappresenta una svolta decisiva che ha favorito il processo di democratizzazione; la definitiva relativizzazione e desacralizzazione del potere politico, la sua sottomissione al regno inviolabile della coscienza ed il rispetto per la trascendente dignità della persona umana; come ha sostenuto Guglielmo Ferrero, il cristianesimo ha frantumato l’“esprit pharaonique de l’Etat ancien”.

In definitiva, attraverso il messaggio cristiano è entrata nella storia degli uomini l’idea che il potere politico non sia padrone della coscienza degli individui, che non è il potere che giudica la coscienza degli uomini, bensì la coscienza di ogni persona a giudicare il potere e l’operato di qualsiasi autorità.

Tale processo di secolarizzazione è stato possibile in forza del messaggio evangelico che ha desacralizzato il mondo e ha consegnato un uomo che non potrà mai essere Dio. Il messaggio cristiano ha liberato l’uomo dall’idolatria: «il cristiano non può attribuire assolutezza e perfezione a nessuna cosa umana. È, dunque, per decreto religioso che lo Stato non è tutto, non è l’Assoluto».

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