“Avvenire”, 3 agosto 2017
Francesco Forte rappresenta una figura di intellettuale abbastanza eccezionale nel panorama culturale e politico italiano: accademico, giornalista, politico, uomo di governo e dirigente d’azienda, è sempre stato al vertice di posti chiave della vita civile del nostro Paese.
Economista apprezzato a livello internazionale, allievo di Benvenuto Griziotti, cresciuto alla sua scuola di scienza delle finanze di Pavia, forgiato al Collegio Ghislieri, assistente e supplente di Ezio Vanoni, giovane professore di economia presso l’Università della Virginia, dove lavorerà con i futuri premi Nobel James Buchanan e Ronald Coase, erede della cattedra di Scienza delle finanze dell’Università di Torino che fu di Luigi Einaudi, è stato parlamentare e ministro.
È impossibile rendere conto in poche battute di tutte le stagioni accademiche e politiche nelle quali Forte ha contribuito da protagonista: dal Piano Vanoni, alla nazionalizzazione elettrica; dalle prime avvisaglie del terrorismo, si pensi alla vicenda di Marco Donat Cattin, raccontata con rara delicatezza e a tratti commovente, alla vicenda Moro, in cui spiega al lettore le ragioni morali e teoriche che lo spinsero ad abbracciare la linea della trattativa contro quella della fermezza.
Forte ricorda come a convincere Craxi ad intraprendere la linea della trattativa fu la sua spiegazione della teoria di Baumol, circa il comportamento delle imprese manageriali, dove è presente una separazione tra management e proprietà e, di conseguenza, una divergenza di interessi. In pratica: «gli azionisti di controllo delle attività delle Br, che stanno probabilmente in Unione Sovietica, hanno fatto prendere Moro per eliminarlo e hanno adottato la linea dello scambio di prigionieri per screditare la nostra democrazia e in particolare la DC. Ma le Br non sono un gruppo di criminali come dicono i comunisti. Sono un movimento politico di nipotini di Marx, entrato nella lotta armata per una escalation che ora però non vorrebbero continuare». In pratica, il “massimo fatturato” delle Br (management) sarebbe stato diverso dal “profitto” dell’Unione Sovietica (proprietà) e la liberazione di Moro avrebbe indebolito il PCI e fatto infrangere la linea del compromesso storico. Sulla base del modello di Baumol, afferma Forte, Craxi si convinse a intraprendere la trattativa e a portarla fino in fondo. Le pagine dedicate al “sacrificio di Aldo Moro” sono tra le più belle e le più amare di tutto il volume.
Egli ci racconta la sua collaborazione con Giacomo Brodolini, la morte di Enrico Mattei, una descrizione inquietante di Eugenio Cefis. Il suo coinvolgimento nel libro di Pier Paolo Pasolini: Petrolio, in cui lo scrittore lo raffigura simultaneamente come l’ingegner Carlo Valletti, alias Carlo Polis (“il buono”) e come il suo doppio, servo e padrone, Carlo Tetis, perverso, uomo e donna insieme. Il caso Eni-Petromin, la storia di una maxi-tangente che assomiglia molto a quanto tredici anni più tardi sarebbe scoppiato con Tangentopoli, ma con partiti, protagonisti e esiti politici differenti. Il caso Calvi, l’incontro con Bettino Craxi e il tentativo di trasformare il PSI in un partito liberal-socialista; passaggio indispensabile per un autentico processo autonomista del socialismo dalla sinistra massimalista e marxista. Solo il definitivo abbandono anche del retaggio socialdemocratico avrebbe potuto modernizzare la sinistra, affrancarla dal rapporto con il comunismo e renderla disponibile al governo del Paese, in uno schema di politica dell’alternanza, senza dover ricorre al consociativismo compromissorio e all’ambiguità della “politica dei due forni”.
Con il suo impegno accademico e politico Forte ha contribuito ad una fondamentale battaglia civile: innervare una stagione della politica e del socialismo italiano di un ideale economico di tipo liberale-einaudiano, perché incentrato sulla persona, a differenza di quello liberal-keynesiano, in cui la persona scompare per lasciar posto all’individuo: una “molecola del sistema di mercato”, la quale “acquista identità solo quando consuma, giorno per giorno”; è un ideale al quale il prof. Forte continua a dedicare quotidianamente tutte le sue energie.