L’amicizia per i limiti: sul rapporto intellettuale tra Constant e Sturzo

Enrique Clemente (Universidad Complutense de Madrid)

Non è un rapporto di amicizia attraverso il tempo. Neanche condividono lo stesso contesto storico. Ma avevano le stesse paure: lo strapotere del popolo sovrano e l’abolizione dei corpi autonomi della società civile. La teoria politica di Benjamin Constant e di Luigi Sturzo può essere orientata verso la filosofia del senso del limite. Un limite che garantisce non soltanto le libertà individuali ma le libertà politiche che permettono a ognuno di partecipare al governo e di assicurare a sua volta il contributo della persona al raggiungimento del bene comune.

Nella sua opera Chiesa e Stato (due volumi), il fondatore del Partito Popolare Italiano riconoscerà l’importanza che sul pensiero politico-costituzionale europeo eserciterà il teorico di Losanna. Il punto di convergenza tra i due è quello della critica alla nozione di volontà generale proposta da Jean-Jacques Rousseau, e che segnerà la marcia della Rivoluzione francese. Su Constant, scrive Sturzo:

‘’Dopo il 1814, egli sostenne che la base teorica del potere era veramente la sovranità popolare, intesa però, non come sovranità operante in atto, si bene come fonte del potere; nessuno potrebbe arrogarsi se non la riceve dal popolo o come suo delegato (il deputato al parlamento) o come suo alto rappresentante (il monarca)’’.

Questo dialogo con il liberalismo post-rivoluzionario consente a Sturzo di distinguere fra la titolarità della sovranità nazionale—che sempre appartiene al popolo— e la necessaria frammentazione in diversi centri di potere, se non si vogliono distruggere i pilastri della società aperta. Non basta allora piazzare in prima linea la collettività in astratto. Il potere pubblico ha bisogno di limiti e contro-istituzioni per salvaguardare la democrazia dalla tirannia. Molto chiaro sarà Sturzo nella sua Politica e morale:

‘’La sovranità popolare, come era concepita da Rousseau, non aveva limiti all’infuori dalla volontà collettiva che faceva legge da se stessa […] Ogni potere, sia il politico che l’economico, o di altra natura, che non abbia limiti organici, diviene facilmente immorale. In quanto tali limiti creano il senso del diritto e del dovere nell’esercizio del potere, sviluppano il valore del controllo pubblico e della responsabilità politica, e attenuano, per quanto è possibile, la facile trasposizione del potere nella persona investita’’.

Surzo riconosce in questo senso il valore etico di un liberalismo politico molto impegnato nella difesa dei diritti individuali come meccanismo formale contro l’assolutismo statale. Della teoria di Constant, afferma: ‘’Lui ha cura di limitare la portata del potere politico: esso non è una totalità sociale, i diritti individuali lo limitano; questi debbono valere contro ogni sovranità che li violi, sia quella del popolo, sia quella del sovrano”. In realtà, per l’esponente del popolarismo la rivoluzione dei diritti è stata un’eredità del cristianesimo, con la sua valorizzazione della persona e la sua autonomia morale. Ma le convergenze tra Constant e Sturzo non finiscono qui. Il primo aveva diagnosticato la malattia della modernità. Se la caratteristica che definisce il mondo degli antichi era lo scioglimento dell’individuo nella polis, i moderni non potevano dimenticare la loro presenza nella sfera pubblica. Ma perché? Perché la libertà politica è la garanzia della libertà individuale. Senza l’intervento del cittadino al governo, la strada verso il totalitarismo è aperta. Un ragionamento condiviso da Sturzo nell’opera La società: sua natura e sua leggi:

’Le libertà formali, in sede politica, garantendo esse l’esercizio dei diritti di ciascuno come individuo o gruppo particolare, possono essere considerate nei confronti degli investiti di autorità cono una limitazione dei potere di questi’’.

Sturzo non condividerà il disprezzo per la politica alimentato dal cattolicesimo più intransigente. Per lui, la politica è un’attività umana valutata positivamente, un luogo dove gli individui esprimono, attraverso un quadro istituzionale chiaro e stabile, la pluralità umana. Non c’è teologia politica (il messianico del riformismo, che direbbe Piero Gobetti su Sturzo).  Questo elemento, insieme al dialogo con il liberalismo costituzionale rappresentato da Constant, rende possibile l’abbraccio del cattolicesimo con l’idea di nazione moderna. Mai concepita come strumento da egemonizzare—la cattolicizzazione della nazione— ma come  comunità di cittadinanza, nelle parole di Dominique Schnapper.

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