di Fabio G. Angelini
La vicenda Fedez-Rai – lasciando da parte la polemica sul DDL Zan che, per l’importanza e la delicatezza dei temi di cui tratta, richiederebbe ben altre modalità di confronto e una narrazione decisamente più profonda e meno soggetta a inutili strumentalizzazioni – merita due brevi riflessioni.
La prima riguarda il confine tra la censura e le legittime scelte editoriali. Esso può, infatti, essere talvolta estremamente sottile. Quando però l’editore in questione è la Rai, cioè la più grande realtà culturale del Paese ed esercente del servizio pubblico radiotelevisivo, la questione si fa particolarmente grave in ragione della funzione istituzionale che essa svolge. Non può esserci democrazia senza pluralismo e imparzialità dell’informazione. La partecipazione politica presuppone infatti livelli di conoscenza adeguati al fine di permettere il corretto funzionamento delle dinamiche della democrazia formale, in assenza dei quali anche la democrazia sostanziale è a rischio.
Il futuro della Rai non si giocherà soltanto sul piano delle scelte industriali e di un orizzonte strategico di cui pure ci sarebbe estremamente bisogno per valorizzare adeguatamente l’enorme patrimonio culturale del nostro servizio pubblico, ma soprattutto sul terreno del recupero di questa sua fondamentale funzione istituzionale.
La seconda, strettamente connessa alla prima, riguarda il fatto che il recupero della dimensione autenticamente istituzionale del servizio pubblico radiotelevisivo presuppone un più sano ed equilibrato rapporto con la politica e, più in generale con il potere. Specie laddove, come chi scrive, si ritenga che quest’ultimo debba essere inteso (e dunque esercitato) in funzione del perseguimento dei diritti fondamentali della persona piuttosto che inteso quale mero attributo della politica, strumentale alla sola ricerca del consenso.
Liberare l’amministrazione e le società pubbliche, ivi inclusa la Rai, da quelle dinamiche politico-partitiche che spesso ne condizionano le scelte nel perseguimento di interessi di particolari e di parte piuttosto che della specifica funzione istituzionale che l’ordinamento assegna loro, è una sfida che trascende la vicenda in questione, interessando più trasversalmente il nostro intero assetto istituzionale. Le riforme indicate nel PNRR, del resto, per supportare adeguatamente la ripresa economica e sociale del Paese, dovranno inserirsi all’interno di un percorso di avvicinamento del nostro ordine giuridico-politico interno a quello giuridico-economico europeo. In questo sforzo, anche il servizio pubblico radiotelevisivo dovrà dunque fare la sua parte. Prima si inizierà a lavorare in questa direzione, più solida potrà essere la ripresa.
Per migliorare la qualità del nostro sistema politico-istituzionale saranno necessari interventi sia sul fronte delle regole dei processi decisionali pubblici che delle condizioni per una maggiore partecipazione e conoscenza politica da parte dei cittadini. E, dunque, un servizio pubblico realmente ispirato ai principi del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione. È questo il segno delle politiche di cui abbiamo bisogno per rendere la nostra democrazia costituzionale più inclusiva e realmente deliberativa.
Ciò presuppone la ricerca di un equilibrio tra Stato e società e tra Stato e mercato, che rinvia ad una prospettiva costituzionale capace di coniugare l’idea habermasiana di sovranità popolare come sovranità comunicativamente fluidificata – ovvero, di procedura democratica volta a garantire la formazione razionale della volontà istituzionalizzata sul piano dello stato di diritto, interagendo con le sfere pubbliche che si mobilitano sul piano culturale e dell’opinione pubblica – con quella che vede l’esercizio della sovranità popolare come ricerca dell’efficienza dei processi decisionali pubblici attraverso il miglioramento delle regole che li presidiano e che, a sua volta, è condizione affinché i processi democratici e l’intervento pubblico possano condurre ad esiti a loro volta efficienti e, dunque, rispondenti alle aspettative e ai valori di una determinata comunità politica o, in altri termini, ad una democrazia sostanziale.