Flavio Felice
“Il Foglio”, 3 settembre 2021
Credere e sapere e La razionalità, entrambi curati da Salvatore Abbruzzese, con la prefazione di Enzo Di Nuoscio nel caso del primo libro possono essere letti come il testamento spirituale del sociologo e filosofo francese Raymond Boudon. L’autore presenta in modo sistematico la sua proposta epistemologica: lo scienziato sociale deve accrescere la conoscenza empirica delle dinamiche sociali, dedicandosi alla spiegazione di fenomeni a prima vista incomprensibili, mediante teorie che superino rigorosi controlli logici ed empirici. Questo può essere fatto solo attraverso l’individualismo metodologico: ipotesi empiricamente controllabili, le teorie sociali devono ricostruire la catena causale ragioni-azioni-fenomeno sociale. Boudon elabora una teoria della razionalità per spiegare l’azione in relazione alle sue cause e una teoria delle conseguenze non intenzionali per spiegare quegli effetti aggregati non voluti, prodotti dalla non programmata combinazione delle azioni umane.
Boudon applica questo metodo per proporre una spiegazione di uno dei fenomeni sociali più rilevanti: la diffusione e la selezione delle idee politiche, morali e religiose. Boudon ritiene che l’adesione ad una credenza politica, morale, religiosa o di senso comune sia il risultato di “buone ragioni” che gli individui elaborano, sulla base delle proprie risorse cognitive e materiali. L’azione è dunque una ipotesi di soluzione di un problema, ritenuta la migliore possibile, stante i vincoli situazionali nell’ambito dei quali essa si sviluppa. Spiegare l’adesione ad una credenza e la scelta di un’azione, significa ricostruire il loro legame causale con le “ragioni” che l’attore aveva in quella circostanza. Il “disincantamento del mondo”, il processo storico di progressiva eliminazione di entità magiche e spirituali per la spiegazione oggettiva dei fenomeni umani, non porta dunque a spiegare la diffusione delle idee cercando strutture più o meno occulte o leggi ineluttabili che guiderebbero la storia umana. Va invece inteso, insiste Boudon sulla scia di Weber, come un processo di progressiva “razionalizzazione”, cioè di adesione alle credenze sulla base di “buone ragioni”. E questo meccanismo è sempre lo stesso anche quando si aderisce a idee che poi si rivelano false: si possono avere buone ragioni di credere il falso. Salvando l’azione umana dalle pretese di verità assolute, nonché dal determinismo, dal culturalismo e dall’irrazionalismo, che continuano a riproporsi in forme diverse, Boudon salva lo spazio della libertà e dunque della responsabilità individuale.