Identità e teologia: pastorale e dottrina. La lezione di Sergio Lanza a dieci anni dalla scomparsa

Paolo Asolan, Flavio Felice

“Il Foglio”, 17 settembre 2022

Chissà se i tempi di Dio e quelli degli uomini renderanno mai giustizia al pensiero e all’opera di Sergio Lanza, scomparso da questa vita il 19 settembre del 2012, esattamente dieci anni fa.

Accontentiamoci di fissare (almeno) alcuni contributi del suo pensiero teologico, giunto alla Teologia pastorale partendo da studi biblici – dei quali conservò sempre l’acribia e, in fondo, la persuasione del necessario fondamento biblico di tutta la teologia e di tutta la prassi ecclesiale – e da una specializzazione pedagogica, che intese porre a servizio innanzitutto della catechesi, suo primo campo di interesse.

Erano gli anni dei grandi dibattiti sull’identità della Teologia pastorale, giustamente ridiscussa alla luce dei guadagni del Concilio e della ricomprensione che la Chiesa ne aveva avuto della sua identità e della sua missione, e Lanza – forte di una competenza maturata sul tema soprattutto in rapporto agli autori tedeschi, geneticamente ferratissimi al riguardo – entrò originalmente nel dibattito, mettendo a punto identità e metodo della disciplina e avviando così quella che successivamente è stata anche chiamata la scuola dei Laterani, dal nome dell’Università nella quale opera l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis, del quale divenne insegnante e poi anche Preside.

La posizione dei Laterani nel dibattito marca un passaggio nella storia della disciplina: quello dall’ancillarità  rispetto alla sociologia/scienze umane (prospettiva nella quale la Teologia pastorale tende a configurarsi più come una sociologia del fenomeno religioso, che come un campo del sapere della fede) o alla dogmatica (quasi che l’edificazione e la missione della Chiesa fossero concretamente deducibili tout-court dall’ecclesiologia), all’identità specifica di scienza/disciplina teologica in senso proprio. Identità e specificità date appunto dall’oggetto: la fides qua e l’agire ecclesiale; e dal metodo: il discernimento evangelico (o pastorale).

Le prospettive e i filoni di indagine aperti da Lanza, sotto il profilo epistemologico, toccano tutto l’arco delle questioni salienti: la individuazione del paradigma gnoseologico adeguato (ermeneutico-pratico-veritativo; specificità della teoria della prassi); la determinazione dell’oggetto (la vita e l’azione della Chiesa); la delineazione del modello metodologico (discernimenti- dimensioni); l’articolazione del metodo (fasi); la tipologia disciplinare (teoria teologica dell’azione).

Era sua convinzione (documentata e confermata a mano a mano che il suo lavoro procedeva) che non fosse possibile riconoscere pertinenza teologica reale alla riflessione pastorale, se non si fosse allargata (e in parte modificata) la prospezione complessiva del sapere teologico. Il mancato apprezzamento della Teologia pastorale, ancora considerata perlopiù succedanea e interessata alle “cose da fare”, mette in evidenza come le nuove istanze e prospettive, sviluppate da alcuni filoni della ricerca teologica e ben presenti nel magistero del Vaticano II, non siano scese nel profondo.

A questo si dedicò Lanza, con in più un interessante e peculiare sviluppo dei temi legati alla Dottrina sociale della Chiesa, che egli affrontava unitariamente nel corso fondamentale di Teologia pastorale. Fu per questo, tra l’altro, ideatore e sostenitore di Finetica, un laboratorio di incontro tra etica e finanza, nato dalla convinzione che solo una società di valori e di radici possa alimentare visioni, progettualità e prassi capaci di profili non evanescenti o meramente emozionali, o, ancora, pragmaticamente funzionali. L’Osservatorio Finetica nasce nel 1998 dalla convinzione di un gruppo di ricercatori dell’Istituto Pastorale Redemptor Hominis e della SDA Bocconi della costituiva reciprocità dei campi di indagine dell’etica con le direttrici di sviluppo che interessano i mercati finanziari e la vita delle imprese. Lanza aveva compreso che la finanza etica era un tema di crescente attualità non solo nel mondo accademico ma anche nel mondo operativo della finanza. Tuttavia, non sempre la sensibilità del mondo finanziario nei confronti di un’etica deontologica ed operativa della finanza è accompagnata dal confronto critico, dalla maturazione e dalla condivisione delle idee e delle esperienze, soprattutto nell’ambito di un’attività mirata alla ricerca e alla formazione. L’idea di Lanza era di fare dell’Osservatorio un think-tank nel quale potessero essere raccolte e discusse tutte le buone pratiche in tema di finanza etica allo scopo di definirne i principi di riferimento e le linee guida.

Anche se è indiscutibilmente vero che la salvezza ultima non sarà opera di mano d’uomo, è altrettanto indubitabile che essa è una relazione verticale che dà origine a relazioni orizzontali, e tocca la realtà economica, sociale, politica, fisica, psicologica e spirituale degli uomini: cioè realtà escatologica, che comincia nel presente (Cfr. Redemptor hominis, 15).

Molto altro ci sarebbe da non dimenticare del suo impegno pastorale, culturale e di insegnamento, senza trascurare la responsabilità che ebbe presso l’Università Cattolica, quale Assistente generale.

Resta solo da sperare che tanta ricchezza non vada dispersa dal tempo o dilapidata negli slogan, ma anzi custodita e trafficata ed è quello che cerchiamo di fare con il Sergio Lanza Research Group del Centro Studi Tocqueville-Acton.

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