Flavio Felice
“Avvenire”, 5 gennaio 2020
Il 30 dicembre, all’età di 97 anni, si è spenta la storica statunitense Gertrude Himmelfarb. Nata l’8 agosto del 1922 a New York e formatasi all’Università di Chicago e al Girton College dell’Università di Cambridge, la Himmelfarb ha rappresentato una figura di spicco della cultura politica statunitense degli ultimi cinquanta anni. Moglie di Irving Kristol, noto come il “Godfather” della “prospettiva neoconservatrice” e madre di Bill Kristol, fondatore della rivista di studi politici “Weekly Standard”, la Himmelfarb ne condivise il disincanto rispetto alla direzione assunta dal liberalismo contemporaneo, sempre più distante dai caposaldi del liberalismo classico. Verso la fine degli anni Sessanta il disincanto si tradusse in fiera opposizione alla deriva radicale che, ai suoi occhi, il Partito Democratico stava prendendo; una opposizione che spinse il socialdemocratico Michael Harrington a coniare l’espressione, per molti versi ossimorica, di “neoconservatore”. Con questa etichetta s’intendeva screditare quegli intellettuali democratici che presero le distanze dalla sinistra liberal. Il prefisso “neo” non indicava un modo nuovo di essere conservatori, quanto una sentenza di espulsione dalla sinistra, in quanto apostati. L’invito a “rompere le fila”, lanciato da Norman Podhoretz, venne raccolto anche dalla Himmelfarb e, in breve tempo, da stimati intellettuali di sinistra si ritrovarono ad essere considerati dei reprobi.
Al centro della ricerca della Himmelfarb troviamo l’interesse per l’epoca vittoriana e per quelle “virtù borghesi” che hanno animato “l’esperimento americano” e che, agli occhi della storica statunitense, avrebbero dovuto continuare a nutrire la cultura politica liberale: l’operosità, l’umiltà, il senso di responsabilità, la prudenza, la temperanza. Proprio qui riteniamo che risieda il nucleo fondamentale del suo pensiero politico. In particolare, vorrei segnalare la monografia dedicata allo storico cattolico e liberale inglese Lord Acton: Lord Acton. A Study in Conscience and Politics. Si tratta di un lavoro fondamentale, pubblicato nel 1953 e forse non troppo amato dalla stessa autrice, ma che rappresenta una delle espressioni più limpide del suo lavoro, teso a svelare, da un lato, quello che in seguito, in un altro libro dedicato a John Stuart Mill, avrebbe definito il “paradosso del liberalismo”: l’aver posto la libertà al vertice della gerarchia dei beni politici espone il liberalismo stesso a minare le basi morali di tale libertà. In secondo luogo, dal ritratto di Lord Acton emerge un profilo di studioso immerso nei problemi della società civile, impegnato e militante, lontano anni luce dall’ideale di intellettuale nascosto in qualche anfratto salottiero o asserragliato nella sua torre d’avorio accademica.
Lord Acton è l’intellettuale che dedicherà la sua vita intellettuale a scrivere l’opera mai compiuta sulla “storia universale della libertà”, mostrando le radici antiche, classiche e medioevali delle istituzioni che presiedono alla difesa e alla promozione delle libertà moderne. Nello stesso tempo, Acton è lo storico cattolico che descrive il modo in cui il cattolicesimo ha contributo al sorgere delle istituzioni liberali, in nome di quel dualismo teologico dato dal naturale e dal sovrannaturale che può tradursi in diarchia politica nel confronto dialettico tra “trono” e “altare”, favorendo la nascita di una cultura irriducibile a qualsiasi forma di monismo politico; sia nella versione hard del totalitarismo sia nella versione soft del paternalismo statalista.
L’analisi della Himmelfarb mira a prendere di petto il “paradosso del liberalismo” e a denunciare come la pretesa neutralità morale nell’arena civile, in nome di una libertà incolore che si consuma nell’astenia di una “naked public square”, altro non sia che il suicidio del liberalismo e la resa a forme inedite di violenza politica, nel nome di un sempre redivivo “dio mortale”.