«Per un’economia a servizio dell’uomo» – Intervista a Maurizio Serio

Avvenire”, 6 agosto 2016

COSTANTINO COROS

Maurizio Serio, docente al corso biennale in Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) giunto alla XVI edizione, promosso dalla Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice in collaborazione con la Pontificia Università Lateranense, riflette su comunità, territorio e globalizzazione alla luce della DSC. Il prof. Serio insegna sociologia dei fenomeni politici all’Università Guglielmo Marconi di Roma.

Come ripensare il rapporto delle comunità con il proprio territorio alla luce della globalizzazione?

È innegabile che per molto pensiero sociale cattolico la sola parola globalizzazione sembri rimandare immediatamente a squilibri e diseguaglianze, e in definitiva a divisioni quasi insanabili che opporrebbero pochi ricchi a masse popolari sempre più povere e vessate. Eppure la DSC presenta un atteggiamento molto più positivo e aperto di fronte ai grandi cambiamenti occorsi nell’ultimo trentennio. Lungi dal contrapporre un (supposto) centro alle varie periferie del mondo ̶ una visione, questa, residuato di un neomarxismo alla fine sterile ̶ i documenti magisteriali e lo stesso Catechismo ci ricordano che qualsiasi comunità, locale o globale che sia, ha la responsabilità di valorizzare e moltiplicare i beni relazionali di cui si compone, partendo dalla valorizzazione dei territori. In questo senso, un incontro fecondo della DSC con le più avvertite analisi delle scienze sociali potrebbe sviluppare il portato degli studi del premio Nobel per l’economia Elinor Ostrom sulla gestione dei beni comuni da parte di comunità locali in tutto il mondo.

Come può l’impresa farsi parte attiva nel sostenere e promuovere progettualità che siano fonte di solidarietà, vicinanza e accoglienza?

Un grosso ostacolo ad un ruolo proattivo e non meramente assistenziale delle imprese rispetto all’intraprendenza delle comunità è rappresentato dal nostro sistema fiscale, che non consente ai privati l’esercizio di una filantropia dai “grandi numeri” né tanto meno una sua continuità. Eppure non solo di filantropia si deve parlare allorché si consideri il valore aggiunto della testimonianza cristiana all’attività imprenditoriale, la cui creatività, come insegna la Caritas in Veritate, è direttamente tributaria di quella divina. Se abbiamo imprenditori formati cristianamente, tutto ciò cessa di essere solo un buon proposito. Forse c’è davvero bisogno di una sorta di catechismo degli imprenditori, come recita il titolo di un fortunato libro di due studiosi americani da poco tradotto anche in italiano.

La DSC può essere antidoto all’egoismo economico?

La formazione e l’impegno personali possono cambiare gli atteggiamenti degli operatori senza allontanarli dalla razionalità tipica dello scambio economico. Sicché, da una razionalità calcolata in base alla propria mera utilità, si giunge ad una imperniata sulla condivisione di progettualità e realizzazioni concrete a servizio degli altri. Nella Evangeli gaudium e nella Laudato si’ Papa Francesco insiste sulla giustizia sociale, prima che come trasformazione delle strutture, come conversione dei cuori e degli stili di vita, richiamando cioè quelle dimensioni di libertà e responsabilità che già il magistero di san Giovanni Paolo II (dalla Centesimus annus alla Veritatis splendor) aveva posto al centro di qualsiasi processo di riforma della società in senso cristiano.

La DSC come contribuisce a ricreare valore economico basato anche sulle buone relazioni umane?

Distinguiamo: la creazione di valore procede dai meccanismi di scambio economico, nell’incontro fra domanda e offerta che dà luogo al sistema dei prezzi, al di fuori del quale non esiste economia, almeno nel senso convenzionale con cui essa è studiata e vissuta nel nostro pianeta. La stessa economia sociale di mercato, un modello continentale ispirato all’antropologia cristiana, non ha difficoltà a legare la dimensione appunto “sociale” con quella delle regole propriamente economiche. D’altra parte, non si vive di sola economia. Tutto il complesso delle relazioni umane, per il cristiano, riflette l’unica matrice teologica originaria: quella trinitaria, come osserva Donati. La DSC ci aiuta a capire che il nostro lavoro non si svolge in solitudine o per interesse egoistico, ma insieme al prossimo, collega o competitor che sia. E che possiamo incontrare Dio sul nostro cammino se questo “stile di comunione” innerva veramente le nostre azioni.

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