Flavio Felice
“Avvenire”, 21 dicembre 2018
Nell’ultimo libro: All’ombra del Principe, Attilio Danese ha riflettuto su alcuni passaggi decisivi della storia del pensiero politico, intrecciando le elaborazioni teoriche di autori dell’antichità e dell’evo moderno con le problematiche più urgenti della nostra epoca.
Un tratto che caratterizza il libro in oggetto è il tema esposto dall’Autore in forza del quale, con l’avvento del Rinascimento, l’azione politica avrebbe intrapreso un percorso che l’avrebbe condotta verso la meta attuale, passando per un processo di progressiva secolarizzazione e concretizzandosi – talvolta – in forme di laicità in cui, la distinzione tra Stato e Chiesa è giunta fino alla pretesa “subordinazione della Chiesa allo Stato”. A tal proposito, come ha sottolineato l’autore “l’attenzione si concentra sulle dinamiche del potere” e, in questa prospettiva, Machiavelli si pone come il vero protagonista di un simile cambio di paradigma. Le sue riflessioni mirano a spostare il focus su un “pragmatismo politico”: l’obbiettivo è quello di riuscire a governare, garantendo una sicura stabilità politica.
Danese introduce il tema dedicato all’opera del Segretario fiorentino, affermando che, nel Principe, Machiavelli avanza la visione di una creazione di Stati territoriali che sarebbero dovuti succedere alla “naturale scomparsa delle Repubbliche”. Queste nuove forme di governo avrebbero dovuto ruotare attorno alla figura carismatica e forte di un solo individuo. Quello che egli chiama il principe non è altro che un condottiero dotato di virtù ormai “sbiadite” nella contemporaneità vissuta da Machiavelli. Il popolo non può garantire nessuna stabilità governativa e tanto meno nessuna forza di sbarramento contro l’avanzata del principe.
Al cuore della ricostruzione concettuale dell’Autore troviamo l’analisi dell’interpretazione gramsciana del pensiero del Segretario fiorentino. Secondo Danese, Antonio Gramsci comprese precocemente l’utilizzo strumentale al quale si prestava l’opera di Machiavelli. Decise così di dedicare parte dei suoi ultimi sforzi intellettuali alla figura del fiorentino e della sua opera più nota. Nello scenario di un uomo solo al comando, in grado di governare solo attraverso la forza, Gramsci contrappose la centralità del partito. Un organismo in grado di incanalare le virtù del principe, di usare la forza all’occorrenza e di governare in nome di una rappresentanza collettiva. Per fare questo Gramsci rilanciava anche l’importanza di una classe di intellettuali pronta a supportare il partito nella sua trasformazione in “Moderno Principe”.
La ricognizione storica del “concetto di politica” operata da Danese, passando in rassegna una pluralità di teorie e di sistemi politici, afferma lo stesso Autore, “ci ha condotto al Principe di Machiavelli, presentato in discordanza concorde (per quanto riguarda gli obiettivi finali) con gli utopisti del tempo (Moro, Erasmo, Bruno e Campanella) e riletto nel Novecento da Antonio Gramsci, che lo ha riconsegnato a noi nella nuova veste di Moderno Principe-partito”. Su queste basi Danese affronta i nodi attuali di una cultura politica democratica “avvelenata”, le prospettive di post democrazia, di anti e di post-politica.
La ricognizione storico-concettuale di Danese non si esaurisce nella ricostruzione del pensiero politico del passato, essa fa i conti con le sfide che globalizzazione e secolarizzazione hanno lanciato alla tradizionale nozione di democrazia liberale. L’Autore è consapevole del fatto che, “sebbene le critiche alla democrazia siano tutt’altro che inedite”, la denuncia oggi riguarda direttamente la nozione di “popolo”, presupponendo che “la corruzione si moltiplica quando tutti pretendono di essere uguali e di sostenere valori equipollenti” – una sorta di relativismo democratico in virtù del quale i valori non sono tutti diversi e, di conseguenza, sottoposti alla discussione critica all’interno della pubblica piazza, bensì tutti uguali e per questo indifferenti rispetto alle sorti della vita democratica di una comunità.
Ecco, dunque, che l’Autore formula la sua tesi, tanto impietosa quanto circostanziata: “le democrazie ‘sfigurate’ hanno perduto ogni aura ideale” e la loro sopravvivenza, nel formalismo e nel proceduralismo, esprime più l’impossibilità di accedere ad alternative che la profonda convinzione circa la loro capacità di rispondere alle sfide della contemporaneità.
Attilio Danese. All’ombra del principe. La politica dalle origini a Machiavelli. Problemi attuali e prospettive, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2018, pp. 440