I diritti umani: cronaca di una conquista precaria

Flavio Felice

“Avvenire”, 7 novembre 2023

“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”. Sono forse le parole più note della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776. Sono anche le parole che sanciscono la fine dell’antico regime e l’inizio del nuovo che implica l’idea che il potere sia una forza costituente, l’esercizio di una forza creatrice.

Il potere costituente esercitato dalle tredici colonie nordamericane deve tuttavia fare i conti con un limite posto a tutela dei diritti individuali: il riconoscimento di alcune verità di per se stesse evidenti. Qui risiede il cuore di una certa idea di “diritti umani” che affonda le proprie radici nella nazione di “dignità umana”.

È questo il tema affrontato da Marco Stefano Birtolo nel suo libro: I diritti umani tra  Occidente e Oriente. Storicità di un’idea  e tentativi di fondazione filosofica (Rubbettino, 2023, pp. 224). L’autore mette in luce l’importanza di individuare un metodo che possa giungere alla fondazione dei diritti umani su base teoretica e non meramente politica, ritenendo quest’ultima indispensabile, ma non ancora sufficiente a garantire la protezione e l’applicazione pratica di diritti che presumiamo possano avere un valore universale.

Il libro si articola in tre capitoli. Nel primo l’autore mostra come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 abbia rappresentato il tentativo di incardinare i diritti umani in un fondamento comune: la dignità umana. La prospettiva “dignitaria” della Dichiarazione ha rappresentato un importante passo in avanti rispetto alla mera giustificazione politica dei suddetti diritti.

Il secondo capitolo mette in relazione le tre Dichiarazioni frutto delle tre Conferenze istituite dall’Assemblea delle Nazioni Unite con la risoluzione 45/155 del 18 dicembre 1990: la Conferenza di Bangkok per gli Stati asiatici, di Tunisi per i Paesi africani e di San Josè di Costarica per gli Stati sudamericani. Ciascuna conferenza avrebbe dovuto produrre una dichiarazione ufficiale nella quale fosse esplicitata la prospettiva regionale sull’argomento. Dal confronto emerge la critica da parte delle tre conferenze, ed in particolare di quella orientale, rispetto all’idea “dignitaria” di diritti umani, in quanto figlia della tradizione liberale e occidentale.

Nel terzo capitolo, Birtolo esamina la posizione assunta dal mondo asiatico, sintetizzata con l’espressione “Asian values”, tesa a enfatizzare l’esistenza di una identità tipicamente asiatica.

Al di là della discussione interna allo stesso indefinibile mondo asiatico, che ha visto peraltro l’autorevole presa di distanza di una personalità come Amartya Sen, il problema del fondamento dei diritti e del loro riconoscimento resta enorme e urgente, soprattutto in questi giorni di recrudescenza bellica.

Nonostante le attuali difficoltà e le ragioni di scoraggiamento, crediamo che sia opportuno non retrocedere da tale tentativo e, come scrive Birtolo, non dimenticare che “i diritti umani vanno considerati come conquiste sempre precarie”. In breve, nella misura in cui i diritti che noi professiamo universali appaiono la mera espressione del comando e non della giustizia, si corre sempre più il rischio che essi vengano subordinati agli interessi del più forte e interpretati sulla base della convenienza politica del momento.

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