E’ “empatico” il liberalismo secondo McCloskey

Flavio Felice

“Avvenire”, 12 dicembre 2023

È disponibile in lingua italiana il volume dell’economista e storica Deirdre McCloskey, Il liberalismo funziona. Come gli autentici valori liberali rendono il mondo più libero, equo e prospero per tutti (IBL Libri, Torino 2023, pp. 471, € 24,00), con il quale l’autrice chiarisce i termini della questione liberale, presentando le ragioni a favore di un’agenda politica autenticamente tale e l’eventuale fallacia degli argomenti portati dai suoi detrattori.

Le intenzioni dell’autrice sono esposte allorché invita il lettore a riflettere sullo stampo autoritario delle politiche dichiaratamente ostili al liberalismo, emerse nell’arco di tutto il Novecento. Nel corso dell’ultimo secolo abbiamo assistito a filoni di pensiero che si sono violentemente opposti alla filosofia politica liberale, sfociando nei più terribili totalitarismi; in fondo, la grande sfida lanciata nei primi decenni del Novecento era che si potesse fare a meno della democrazia liberale, per la quale nessun uomo dovrebbe dominare un altro uomo, dunque, neppure lo Stato e la classe politica che lo amministra, per sostituirla con una visione di Stato che monopolizza la sfera pubblica (status rei publicae) e riduce, fino a cancellare, ogni spazio della sfera privata. Questa prospettiva, in tutte le sue varianti: progressista, reazionaria, conservatrice, rivoluzionaria, è fallita, ma l’idea che il liberalismo consenta di elaborare risposte quanto più prossime al rispetto della dignità umana stenta a farsi strada, complice ovviamente gli errori e i tradimenti dei tanti liberali. Tuttavia, si dà il caso che il liberalismo è la filosofia politica della contingenza, dunque antiperfettista e gradualista, non promette alcun paradiso sulla terra e riconosce la limitatezza della costituzione fisica e morale degli esseri umani: “Se gli uomini fossero angeli non occorrerebbe alcun governo. Se fossero gli angeli a governare gli uomini, ogni controllo esterno o interno sul governo diverrebbe superfluo” (J. Madison).

Il liberalismo al quale pensa la McCloskey è il “piano liberale” al quale faceva riferimento Adam Smith: “un piano di equità, libertà e giustizia”, contraddistinto dalla presenza di un “governo modesto e vincolato da limiti al suo agire, capace di dare un concreto aiuto ai poveri”; è questa, per l’autrice, la missione che si deve proporre un liberalismo moderno. La McCloskey adotta anche un’espressione di difficile traduzione nella lingua italiana, lo definisce “humane liberalism”, ispirato alla smithiana sympathy che lega le persone tra di loro, senza per questo privare la loro sfera pubblica: lo status publicus, per consegnarla all’ente astratto che detiene il monopolio dell’uso legittimo della coercizione: lo status rei publicae.

Alla base del “piano liberale”, afferma la McCloskey, troviamo il principio di uguaglianza, l’idea che nessun essere umano sia venuto al mondo per dominare un altro uomo; è così che Richard Rumbold, un leveller inglese del XVII secolo, si esprime in un suo noto discorso: “Io credo che non sia nato alcun uomo segnato da Dio con un marchio di superiorità nei confronti degli altri, giacché nessuno viene a questo mondo con una sella sulla schiena e nessuno nasce già provvisto di stivali e speroni per cavalcarlo”. Il liberalismo scardina l’idea che esista qualche ceto, qualche gruppo o razza o classe capaci per natura e, dunque, chiamati dal destino ovvero dalla provvidenza a dominare sugli altri.

A questo punto è compito soprattutto degli intellettuali, quel “clero laico” che la McCloskey chiama clerisy, superare l’odio antiborghese che ha contraddistinto il destino del liberalismo nel corso dell’ultimo secolo e lanciare una sfida alla cultura contemporanea che recuperi l’istanza originaria e mai fuori moda della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità.

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