Economia civile e riforma sociale. La lezione di Giuseppe de Thomasis

Flavio Felice

“Avvenire” 7 settembre 2025

«C’è stato un tempo in cui il Sud e le aree interne sono stati in prima fila nella battaglia per la modernità del Mezzogiorno d’Italia, in prima fila nel pensiero e nelle proposte per lo sviluppo e il progresso dell’intera comunità nazionale. Quel tempo può tornare ancora, dipende anche da ognuno di noi». Con questo invito, accorato e profondo, Lucio D’Orazio conclude la prefazione al suo bel libro dedicato all’opera del grande giurista abruzzese Giuseppe de Thomasis, definito da Benedetto Croce: «veramente di quegli uomini a quali l’Italia meridionale, e l’Italia tutta, debbono la loro nuova vita nel secolo XIX».

La figura di de Thomasis è particolarmente interessante. Nato nel 1767 a Montenerodomo, in provincia di Chieti, ai piedi del massiccio della Majella, è stato allievo di Gaetano Filangeri, dunque figlio della tradizione dell’Illuminismo napoletano e, da funzionario murattiano, si è meritato un posto di tutto riguardo nella storia del riformismo, servendo come Commissario ripartitore dei beni feudali e demaniali per l’Abruzzo; la Commissione venne istituita il 23 ottobre 1809. In tale veste, contribuì a decretare l’eversione della feudalità, esprimendo una significativa testimonianza di opera riformatrice.

D’Orazio ha offerto un ritratto schietto e documentato di una delle figure più eminenti del riformismo napoletano, erede di quell’Illuminismo che tanto ha contribuito allo sviluppo di un pensiero e di una prassi politica ed economica, la cui rilevanza è ormai riconosciuta a livello internazionale e attestata dalla più accreditata letteratura delle scienze sociali.

Il libro di D’Orazio è uno dei frutti più significativi della Scuola Estiva di Montenerodomo, dedicata al tema dello sviluppo delle aree interne del Meridione, alla quale partecipano studenti e docenti provenienti dalle università di Napoli-Federico II, del Molise, dell’Aquila, di Teramo e della Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara. Un frutto che nasce dalla considerazione che lo sviluppo di un territorio e l’emancipazione delle persone che lo abitano passano per i valori di responsabilità, di libertà e di uguaglianza.

Qui si inseriscono lo specifico contributo di Giuseppe de Thomasis e l’eredità da lui raccolta dell’illuminismo napoletano. Mi riferisco a quel filone di pensiero fatto di giuristi, storici, economisti e teorici della politica, i quali hanno saputo cogliere nel ruolo della società civile, nelle sue istituzioni politiche, economiche e culturali, il motore stesso dello sviluppo economico. È emblematico che, nel mentre Oltremanica andava sviluppandosi l’analisi economica classica, che nel tempo e in parte, in seguito alla rivoluzione neoclassica, avrebbe posto l’accento sul soggetto politico per eccellenza: lo Stato, nell’ambito della riflessione dell’Illuminismo napoletano, l’accento sia stato posto sulla società civile, al punto da poter parlare di una vera propria prospettiva teorica che prende il nome di “economia civile”.

Ebbene, il libro di D’Orazio rappresenta una delle possibili declinazioni, in termini giuridici e istituzionali, di questa prospettiva teorica, tanto originale, perché meriterebbe di essere approfondita, quanto antica, perché attinge a una delle tradizioni più nobili della cultura politica ed economica occidentale.

Il libro nasce dall’esperienza del Centro Studi Giuseppe de Thomasis di Montenerodomo e, pur rivolgendosi alla comunità scientifica e civile, vuole essere un dono alle studentesse e agli studenti, nella speranza che possa essere accolto come qualcosa di più di uno strumento di lavoro. L’auspicio è che la lettura di questo libro possa destare il desiderio nei giovani studiosi di ricercare nel proprio territorio figure analoghe a quelle di de Thomasis, giovani studiosi e riformatori politici ed economici che hanno saputo cambiare il volto delle istituzioni e, così facendo, hanno contribuito a invertire la rotta di una storia, le cui sorti apparivano come necessarie, una storia fatta di nobili e plebei, di privilegiati e straccioni, di baroni e cafoni.

L’auspicio è che dall’interesse per Giuseppe de Thomasis possa sorgere l’interesse per i tanti de Thomasis disseminati su tutto il territorio del nostro Meridione e che, dalla riscoperta di tali personaggi, possa emergere una classe dirigente del e per il Meridione che sappia rimboccarsi le maniche e mostrare come alla base del sottosviluppo, delle discriminazioni e delle disuguaglianze non ci sia nulla di necessario, quanto, piuttosto, il cattivo governo e la mala gestio, padre e madre della miseria.

Giuseppe de Thomasis nell’esperienza giuridica e politica del suo tempo (1767-1830), Jovene, 2025, pp. 185

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