“La strada di Santina” e il destino di una civiltà

Flavio Felice

“Il Foglio”, 19 gennaio 2024

«A guardarsi attorno, una domanda gli martellava la testa. Non si capacitava. Perché lui no? Perché non si trovava con tutti quelli che le bombe hanno portato via?». Sono le parole di Quintino, l’io narrante di un racconto tenero e drammatico, verosimile e fiabesco, immerso nella realtà tragica della guerra e aperto alla speranza. Il romanzo di Nicola di Tullio: La strada di Santina, narra la storia di una ragazza: Santina, di una famiglia, di una comunità che è anche una civiltà e di un giovane soldato indiano di nome Sultan che si è trovato a combattere in un paese remoto per liberarlo dall’occupante nazista. La storia si svolge in un paesino dell’Abruzzo citeriore, sul lato orientale della Linea Gustav, dove si è consumata una delle più crudeli battaglie della Seconda Guerra Mondiale: la battaglia del Sangro, tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944. Sultan è un giovane indiano, in forza tra le truppe britanniche che, sotto il comando del generale Bernard Law Montgomery, combatterono quella cruenta battaglia. La guerra è finita, Sultan e Santina, nipote di Quintino, si innamorano e intorno a questa vicenda l’intera comunità si interroga. Una galleria di personaggi che ruotano intorno ad uno dei luoghi più simbolici di una comunità povera e decimata dalla guerra: la cantina di Filippina, densa di fumo e di bestemmie, ma che la domenica mattina si trasforma in Chiesa, dove don Francesco celebra la messa e la comunità intera si ritrova.

Una comunità di persone, ciascuna delle quali indossa le vesti del tipo ideale. Come non pensare ai tanti Medeo che non trovano mai le parole – ma se potessero! – o ai tanti Quintino che non sanno piangere, forse solo perché nessuno ha mai raccontato loro una favola, ma anche alle tante Matalena che invece sanno piangere perché vivono la sofferenza degli altri come se fosse la propria e ai tanti don Francesco che sanno tacere, perché avvertono il peso di dover dire la cosa giusta nel momento giusto. Persone, tipi ideali che esprimono animi universali, sentimenti profondi che covano nel cuore e che, quando emergono, dipingono le storie e danno senso alle parole. Ecco, l’animo dei personaggi, il sentimento delle persone che colora le micro storie che fanno la storia, quella in grande.

Di Tullio, attraverso la forma del racconto che declina verso il saggio, mostra la guerra per ciò che realmente è: la negazione dell’essere. Mentre la realtà narrata da Santina, la sua “strada”, è che l’essere personale si rivela quale un essere per l’altro. La pace – la tranquillitas ordinis – non si identifica allora con la mera fine dei combattimenti, con la sconfitta degli uni e la vittoria degli altri, bensì, per dirla con le parole di E. Lévinas, con la «relazione di un io che si dirige verso l’Altro»: la “strada” che Santina e un’intera civiltà intraprendono al termine della più grande tragedia del secolo.

Nicola Di Tullio, La strada di Santina, Edizione Menabò, 2022

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.