“Destra e sinistra”, un’opposizione superata

Flavio Felice

“Avvenire”, 3 gennaio 2024

Vincenzo Costa, Categorie della politica. Dopo destra e sinistra, Rogas Edizioni, Roma, 2023, pp. 185, € 17,70

Il libro di Vincenzo Costaè un prezioso tentativo di andare in profondità nella comprensione delle categorie politiche, assumendo una teoria critica che non lascia scampo alle mode retoriche del presente. L’Autore si prefigge lo scopo di sgombrare il campo da un ordine concettuale dominato dalla diade destra/sinistra.

La tesi esposta da Costa è chiara: la suddetta diade andrebbe abbandonata perché non rispecchierebbe l’articolazione dell’esperienza. In alcuni casi la coprirebbe in nome di un «dover essere» che solo gli illuminati percepisco, ed è questo il caso della sinistra progressista, in altri, invece, sarebbe all’origine di una narrazione che riduce l’esperienza ad un passato come simulacro di un tempo ideale; ed è questo il caso della destra. Per tale ragione, afferma Costa, la diade D/S oggi non rispecchierebbe altro che «una distinzione interna all’articolazione delle classi dominanti».

Alla base di tale ragionamento troviamo due modi di costruire il proprio progetto di vita nel mondo: cogliere «il possibile nel reale» ovvero partire dalla pretesa di conoscere e di imporre «come le cose devono essere». Nel primo caso si costruirebbe un progetto sulla base del «poter essere», nel secondo invece del «dover essere».

Secondo Costa, il primato del «dover essere» altro non è che un’operazione di potere; scrive l’Autore: «È la sinistra progressista a conoscere il dover-essere, a sapere dove dobbiamo andare, per cui i ceti subalterni devono mettere da parte la loro esperienza effettiva della vita e convincersi della bontà di questo dover-essere […] e se non se ne convincono sono di destra, reazionarie e, potenzialmente, fasciste».

Riflettendo sulle categorie di «ordine nuovo» e di «élite», rispettivamente di Antonio Gramsci e di Luigi Sturzo, Costa individua una serie di diadi alternative a D/S che descriverebbero le nuove linee di faglia, sulle quali costruire una differente offerta politica. La prima è «Differenze/Indifferenziato», che enfatizza i caratteri di due distinte culture politiche, alle quali si collega la seconda diade: «Identità/Differenza». Dal momento che chi combatte le identità, scrive Costa, mira ad abolire le differenze, il discrimine non è dato dal «velo di ignoranza» di Rawls, ma dalle convinzioni più intime – etiche e religiose, laiche e confessionali – che formano dall’interno la comunità. La terza diade è «Occidente/Oriente» e riguarda la consapevolezza che essere occidentali significa non possedere la verità, ma «essere aperti ad un Assoluto che si sottrae», significa essere aperti all’incontro con l’altro. La quarta diade riguarda «Tradizione/Emancipazione» e rilegge la tradizione come elemento generativo che non andrebbe rimosso come vorrebbe la sinistra progressista, né tanto meno assunto come mito passatista nella maniera della destra. Qui si innesta la quinta diade: «Inclusione/Esclusione», che contempla i processi di contaminazione, considerando l’altro come la chiave che dischiude il tesoro che è conservato nel cuore di ciascuno e consente di conoscere se stessi e di trasformarsi. La sesta diade: «Amico/Nemico», esprime la relazione tra diversi, soggetti unici che non ammettono sostituzioni, e registra lo snodo che ci consente di passare dall’etica alla politica. La settima diade è «Ospitalità/Ostilità»; qui, la figura dello straniero fa maturare nei singoli la coscienza universalistica e ci dice il senso di una integrazione che non è assimilazione, ma neppure mera tolleranza come sopportazione. Al contrario, appare molto più simile alla tolleranza come assunzione sulle proprie spalle del peso che porta l’altro (tollere) e, insieme al suo peso, accoglienza anche del suo dono, magari a sua insaputa.

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